L’autunno è il periodo dell’anno in cui si fa la corsa all’olio nuovo ma sappiamo davvero cosa stiamo comprando? Sappiamo quali sono le caratteristiche che un buon olio deve avere e qual è il giusto prezzo da pagare? Per saperne di più abbiamo chiesto aiuto a Simona Cognoli, fondatrice di Oleonauta, un progetto imprenditoriale per la valorizzazione e la promozione dell’olio extravergine di oliva. Inoltre, Simona Cognoli è “Assaggiatore di olio di oliva vergine ed extravergine”, iscritta all’Elenco nazionale dei tecnici esperti assaggiatori di olio vergine di oliva. Dunque, scopriamo quali sono i parametri di cui tenere conto per acquistare un buon olio.
Come fa il consumatore a scegliere un buon olio?
“Ogni annata è una sfida – afferma Simona Cognoli -, tra i cambiamenti climatici e il mercato instabile, la produzione è sempre meno. Quest’anno si dovrebbe avere un recupero del 30% della produzione, rimanendo però al di sotto delle 300 mila tonnellate, che comunque non riescono a far fronte al fabbisogno interno del Paese. Anche la Spagna, che il primo produttore al Mondo, ha dimezzato la sua produzione. Dunque, il consumatore si trova di fronte a un’impennata dei prezzi sullo scaffale. Quindi, per orientarsi verso un olio di qualità, il giusto prezzo a cui guardare è non al di sotto dei 9/10 euro al litro per un extravergine. Non bisogna lasciarsi abbindolare dalle offerte e premiarsi con un olio di qualità che porta benefici da un punto di vista nutrizionale. Inoltre, è sempre meglio scegliere bottiglie in vetro scuro che sono meno esposte alla luce e al calore. Vanno bene anche le latte ma è preferibile acquistare l’olio poco alla volta nel corso dell’anno così da avere una conservazione migliore. Infatti, se scegliamo di acquistare le latte, è meglio travasarle in bottiglie più piccole così che la superficie esposta all’aria sia minore. In ogni caso, l’olio si conserva meglio nelle cisterne, dove è protetto dall’aria e la temperatura resta costante tra i 13 e i 18 gradi. Ultimamente si stanno diffondendo le bag in box che sono una valida soluzione per proteggere l’olio dall’ossidazione”.
Con l’arrivo dell’olio nuovo c’è una corsa all’acquisto, meglio un olio filtrato o “integrale”?
“Meglio l’olio filtrato, rispetto a quello “integrale”, se va conservato in casa”, afferma la nostra esperta. “In molti preferiscono sentire il sapore più corposo dell’olio “integrale” ma l’olio non filtrato contiene impurità che possono fermentare e creare il difetto di morchia – prosegue -. La filtrazione è un costo in più, si perde un po’ di resa, ma garantisce la stabilità del prodotto. Dunque, se preferiamo un olio non filtrato è meglio consumarlo nel breve periodo”.
Come deve districarsi chi compra l’olio tra le varie diciture in etichetta?
“Prima di tutto, è meglio scegliere un prodotto italiano e vedere se in etichetta c’è l’indicazione sulla la campagna di raccolta. Ovvero, accertarsi che quell’olio è prodotto con olive della stessa annata. Poi guardiamo se ci sono i marchi DOP e IGP, che certificano la provenienza geografica e la tipicità dell’olio, identificando un profilo sensoriale legato alle varietà del territorio. Questi marchi denotano anche la qualità dell’olio visto che per ottenerli siamo in presenza di un olio analizzato e certificato da esperti. Anche la dicitura “estratto a freddo” non deve trarre in inganno. Sicuramente indica che l’estrazione è avvenuta ad una temperatura non superiore ai 27° ma non garantisce la qualità del frutto che potrebbe essere non sano o marcio”.

Quali sono i parametri per definire, durante una degustazione, se l’olio è di buona qualità?
“Ci sono tre indicatori per definire se siamo in presenza di un buon olio all’assaggio – spiega Simona Cognoli -. Bisogna sentire il fruttato, che può avere sentori vegetali di carciofo, mela, mandorla, erba tagliata e altri aromi freschi a seconda delle varietà delle olive, dell’epoca di raccolta e delle scelte di estrazione. Poi il fruttato può essere leggero, medio o intenso. Possiamo avere un fruttato verde o maturo, a seconda del grado di maturazione delle olive con cui è prodotto l’olio. L’assenza di odori sgradevoli è fondamentale. Poi dobbiamo sentire l’amaro. Questo è legato alla presenza di composti fenolici che denotano le qualità organolettiche e nutrizionali del prodotto. infine, dobbiamo avvertire il piccante sul fondo della gola, anche questo legato alla presenza di composti fenolici che hanno proprietà salutari e aiutano la conservazione dell’olio. Erroneamente, invece, si pensa che questo sia legato all’acidità libera dell’olio ma non è così, l’acidità non è percepibile al palato”.
Che differenza c’è tra olio vergine, extravergine e olio d’oliva?
“L’olio extravergine d’oliva è un olio che risponde ai tre attributi positivi di cui abbiamo parlato: fruttato, amaro e piccante e deve rispondere a precisi parametri chimico-fisici. L’olio vergine è di qualità appena inferiore, con un’ acidità un pochino più alta e piccoli difetti ancora tollerati. Il produttore dichiara la categoria commerciale dell’olio che dovrebbe aver superato l’analisi chimico fisica e il panel test. Se l’olio esce chimicamente perfetto ma non supera il panel test, viene comunque declassato. Nel peggiore dei casi viene definito olio lampante e ritirato dal mercato. Infatti, l’olio lampante era quello utilizzato per l’illuminazione e non per l’alimentazione. Quest’olio, poi viene lavorato chimicamente, tagliato con l’olio di oliva vergine e immesso sullo scaffale come olio di oliva. Dunque, se i primi due sono naturali, l’olio d’oliva presenta una componente chimica”.
Quest’anno i prezzi dell’olio extravergine sono più alti e il consumatore potrebbe sentirsi scoraggiato ad acquistarlo, sarebbe un errore?
“Si, è vero, quest’anno il prezzo dell’extravergine è un po’ più alto e potrebbe scoraggiare i consumatori, portandoli a spostarsi su un olio d’oliva, su gli oli di semi. Questi però hanno pregi nutrizionali minori, per non parlare del sapore. La varietà degli olivi italiani è tanta, ci sono più di 530 cultivar differenti in tutta la Penisola e gli oli possono essere molto diversi tra loro a seconda che siano monovarietali o dei blend. Sarebbe un peccato perdere una tale ricchezza sensoriale e nutrizionale per una questione di costo”.